Un primo passo è stato fatto. Contro i prodotti “fake” nel campo dell’alimentazione l’Europa ha approvato un regolamento che chiarisce le modalità con cui i produttori alimentari saranno obbligati a fornire informazioni in etichetta sull’origine dell’ingrediente principale con cui sono preparati i cibi.
Si tratta di un stop generalizzato ai prodotti ingannevoli come la “pasta italiana” prodotta con il grano proveniente dalla Turchia, o alla “mozzarella di bufala tricolore” con latte tedesco. Col voto favorevole di 26 Paesi, Italia inclusa, l’Ue ha approvato l’obbligo di dichiaralo sull’etichetta. Che scatta però solo nel caso in cui il luogo di provenienza dell’alimento sia indicato (o anche solo evocato) e non sia lo stesso di quello del suo ingrediente primario.
In concreto, con le norme odierne un formaggio che si dichiara “made in Belgio” ma è prodotto con latte olandese, quindi, dovrà specificare la sua provenienza in etichetta.
Sul riferimento all’origine Bruxelles però lascia ampia scelta al produttore, che potrà utilizzare la dicitura ‘Ue / non Ue’ o informazioni più dettagliate, fino all’indicazione del Paese o della regione.
Il testo approvato arriva con quattro anni di ritardo rispetto ai tempi fissati dal regolamento del 2011 sull’etichettatura, e non si applica ai prodotti a marchio registrato né a Dop, Igp e Stg. Entrerà in vigore dopo tre giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale Ue e si applicherà dall’aprile 2020.
L’obbligo di indicazione del luogo di provenienza degli alimenti, che lentamente dai primi anni 2000 in poi l’Ue sta estendendo a un numero sempre maggiore di prodotti, è tornata di attualità in Europa dopo che nel 2016 la Francia ha ottenuto da Bruxelles il via libera a una sperimentazione per due anni dell’etichetta di origine obbligatoria per latte e carni usate come ingredienti.
Altri Paesi europei hanno seguito l’esempio, con l’Italia che dopo il latte ha esteso lo stesso schema a grano per la pasta, riso e pomodoro. Diversamente dal regolamento approvato, in genere tutti i provvedimenti nazionali – oltre a essere limitati nel tempo – impongono l’obbligo di indicazione di origine a tutte le imprese che operano sui territori dei diversi Paesi. L’atto approvato oggi riguarda invece il caso specifico in cui un produttore indichi volontariamente il luogo di provenienza del prodotto basato su
un ingrediente primario di origine diversa.